eccoci giunti al momento di chiudere la prima fase di raccolta/interpretazione dati. Come ho già avuto modo di ripetere più volte, mi pare che abbiamo fatto molto bene. Qui di seguito riepilogo il significato che secondo me avevano i documenti e il sugo che se ne poteva trarre. Anche in questa fase chi lo vuole può commentare, aggiungere, contestare, correggere quello che dico io. Poi passeremo alla fase due, ovvero alla discussione (competente) su un dilemma che preveda opzioni di scelta ben distinte.
Documento 1: Vasco Rossi - Rewind
Qualcuno ha parlato di questo documento e ha correttamente visto in esso la celebrazione di una donna-oggetto, strumento di piacere, di un piacere - va da sé - tutto maschile. La donna non è considerata come soggetto portatore di un suo mondo interiore, fatto di aspettative, bisogni, paure, ecc. Anche se, tra le righe, sembra di cogliere l'esistenza di un piacere femminile molto più sofisticato ed indiretto (le donne sono sempre più complicate degli uomini): quello di immedesimarsi nel ruolo della donna-oggetto, la lussuria tutta mentale di vedere gli uomini in preda ad una paralisi cerebrale, di constatare l'effetto scaturito dalla propria bellezza fisica sul mondo circostante.
Forse questo aspetto si poteva ricollegare al motivo della prostituzione: anche in quel caso di cosa si parla, se non di qualcuno che si trasforma in oggetto di piacere ottenendone la corresponsione di un prezzo? Chi cerca una prostituta, cerca piacere senza coinvolgimento emotivo-sentimentale, piacere fisico scevro da complicazioni, in altre parole una donna-oggetto. Di una persona che non si comporti da persona, ma da bene di consumo: accessibile a chi dispone di denaro, incartato bene, in modo da attirare il potenziale acquirente, capace di garantire un servizio soddisfacente. Il consumismo tende a diventare il principio regolatore della nostra vita in tutte le sue infinite pieghe ed ambiti di azione.
Le prostitute devono essere ottime attrici: devono fare l'oggetto e sembrare felici di esserlo. Ma ci può essere un certo fascino sinistro nel ruolo della prostituta, cioè della donna che controlla, che tiene in pugno il mondo maschile molto più di quanto non facciano le ragazze per bene e le legittime mogli. Dico, avete seguito la politica di questi ultimissimi anni: mai sentito parlare di diciassettenni che tengono in scacco un Paese intero? Quale studentessa modello, quale Rita Levi Montalcini potrebbe fare altrettanto?
C'è poi un'altra questione che vi è sfuggita.
Perché la canzone si intitola "Rewind"? Perché parla di filmati e di videocamere. Il piacere sessuale sembra derivare molto meno dall'atto in sé che dalla lussuria differita di rivedere al rallentatore il momento dell'amplesso. Penso che abbiate sentito parlare dell'esistenza di filmati amatoriali che ritraggono scene di intimità in cui sono coinvolti anche personaggi di fama globale. Il nome di Paris Hilton, ma anche della più modesta e casereccia Belèn Rodriguez vi dicono niente? Qualunque cosa ne pensiate voi moralisti (visti i commenti che avete postato sulle baby prostitute e sui loro clienti), Machiavelli vi farebbe notare che di solito questi filmati non gettano fango e discredito, ma funzionano come ulteriore volano del successo delle persone coinvolte. Poi, ovviamente, ciò che si afferma nei media diventa moda scimmiottata dalla massa.
Come nasce questa moda?
Può entrarci in qualche modo la rappresentazione della sessualità vissuta attraverso la televisione, e poi (e più ancora) attraverso innominabili siti Internet (guarda caso, i più frequentati della Rete)? Visto che parliamo di prostituzione minorile o studentesca, mai sentito parlare di quella forma di prostituzione soft che si chiama sesso virtuale? Webcam, microfono, una cameretta chiusa a chiave, con la mamma di là che imburra la teglia per preparare i biscotti... e il gioco è fatto! E le fotografie di ragazzine ritratte senza veli che circolano negli smartphone degli studenti, cedute dalle legittime proprietarie in cambio di qualche regalino? Sono cose che vi tornano?
Come nasce questa moda?
Può entrarci in qualche modo la rappresentazione della sessualità vissuta attraverso la televisione, e poi (e più ancora) attraverso innominabili siti Internet (guarda caso, i più frequentati della Rete)? Visto che parliamo di prostituzione minorile o studentesca, mai sentito parlare di quella forma di prostituzione soft che si chiama sesso virtuale? Webcam, microfono, una cameretta chiusa a chiave, con la mamma di là che imburra la teglia per preparare i biscotti... e il gioco è fatto! E le fotografie di ragazzine ritratte senza veli che circolano negli smartphone degli studenti, cedute dalle legittime proprietarie in cambio di qualche regalino? Sono cose che vi tornano?
Vasco rappresenta come la tecnologia cambia completamente il nostro modo di percepire la realtà e le relazioni con gli altri, anche le più intime. Il sesso si fa per rivedersi in tv. Il piacere non è tattile, è visuale. Strano? Date le premesse, non mi pare. Non viviamo assai più attraverso strumenti di amplificazione sensoriale (radio, telefono, tv, chat e videochat, social network, ecc.) che attraverso la concreta interazione con gli altri? Non è lo schermo la nostra interfaccia, la nostra finestra sul mondo?
A sua volta, il sesso a distanza è la nuova frontiera di consumo del piacere erotico: sicuro, pulito, dagli incassi garantiti. Anche qui, la tecnologia cambia il modo di comportarsi e di essere delle persone, ed in questo modo concorre a ridefinire la morale condivisa. Chi oggi si sconvolgerebbe di vedere un calendario osé della propria vicina di casa? Ormai lo fanno tutti, dico letteralmente. E chi resterebbe scioccato se venisse a sapere che quella ex compagna di classe tanto carina e sveglia si è comprata qualche borse firmata, mimando qualche simpatica scenetta davanti ad una webcam? Scommetto che più di qualcuno protesterebbe che non è affatto prostituzione, ed in un certo senso avrebbe tutte le ragioni di sostenerlo.
A sua volta, il sesso a distanza è la nuova frontiera di consumo del piacere erotico: sicuro, pulito, dagli incassi garantiti. Anche qui, la tecnologia cambia il modo di comportarsi e di essere delle persone, ed in questo modo concorre a ridefinire la morale condivisa. Chi oggi si sconvolgerebbe di vedere un calendario osé della propria vicina di casa? Ormai lo fanno tutti, dico letteralmente. E chi resterebbe scioccato se venisse a sapere che quella ex compagna di classe tanto carina e sveglia si è comprata qualche borse firmata, mimando qualche simpatica scenetta davanti ad una webcam? Scommetto che più di qualcuno protesterebbe che non è affatto prostituzione, ed in un certo senso avrebbe tutte le ragioni di sostenerlo.
Ora mi fermo, ma per chi vuole commentare, vi aspetto qui!
...vorrei possederti / sulla poltrona di casa mia con il rewind / e tutto il necessario...
...quante espressioni di godimento sul tuo volto / si vedon solo con lo scorrimento lento...
(V. Rossi, Rewind)
Documento 2: Melissa P., Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire
Il romanzo di Melissa P. parla di una sedicenne che mercifica consapevolmente il proprio corpo, provando un piacere sottile e perverso nella sperimentazione della degradazione di sé. E' allo stesso tempo una persona cinica, dura come una roccia, e fragile come un bicchiere di cristallo: cerca l'amore vero, ma vieta perfino a se stessa di credere nella sua esistenza, surrogandolo con un'attività sessuale gelida e meccanica, con la quale attira su di sé il disgusto degli altri e, in fondo, anche di se stessa. C'è un grande vuoto dentro di lei, che Melissa cerca di colmare riempiendolo compulsivamente di cose fatte e di cose da fare per costringersi a toccare il fondo.
Ma perché diventa un caso letterario? Perché rispecchia una dinamica esistente nella società (e a questo punto - visto il successo globale - si direbbe in tutto l'Occidente)? Perché solletica la curiosità morbosa, pruriginosa e voyeuristica dei lettori? Avrebbe avuto lo stesso impatto se al posto di una sedicenne ci fosse stata una trentenne? E ancora: rappresenta la realtà o la crea? Può un libro contribuire alla moltiplicazione di una tendenza comportamentale?
Il documento mostra in modo brutale l'emergere dell'interesse collettivo in relazione al tema della sessualità degli adolescenti, argomento in precedenza poco rappresentato nella letteratura e nei massmedia, se non in forme stereotipate, tipicamente declinate in chiave romantica. Qui il sesso è consumo di prestazioni. Il romanzo non denuncia, non mette in guardia, gioca, vuole provocare nel lettore una dinamica contraddittoria di immedesimazione-repulsione. Melissa si propone come modello dotato di una sua forza carismatica, pronto e disponibile per essere incarnato nella vita da ragazze che vogliono autorappresentarsi come adolescenti problematiche e provare un brivido diverso. Possibile? Dopo che Goethe scrisse "I dolori del giovane Werther" in Germania si registrò un aumento di suicidi fra i giovani...
Sono sempre qui se mi volete aiutare nel duro lavoro del commento. Ciao!
Sono sempre qui se mi volete aiutare nel duro lavoro del commento. Ciao!
2005 scoppia il caso Melissa P.: Le adolescenti di oggi hanno interiorizzato un modello di sessualità maschile, che depriva il sesso di contenuti emotivi-esistenziali? Siamo nell'èra del sesso-consumo?
Documento 3: Sigla della trasmissione televisiva "Non è la Rai".
Oggi sembra la sigla di una trasmissione per educande di un collegio religioso, ma nel 1991, quando fece il suo debutto sulle reti Mediaset, fu una trasmissione che provocò scandalo ed incise profondamente sulla cultura di massa delle nuove generazioni, divenendo fenomeno di costume. Qual era la struttura del programma? Nessuna in particolare. Il fulcro dell'interesse era rappresentato da decine di ragazze che intonavano, componendosi in un coro, canzoni ben note al pubblico italiano, o si esibivano in balletti ammiccanti, o si tuffavano nella piscina manifestando la propria spensieratezza e gioia di vivere. La sigla mi pare che compendi molto bene il senso del format.
Nonostante l'ironia di alcuni rapidi passaggi (ad esempio, la ragazza che fa crollare un finto muro a forza di testate), che sono introdotte con lo scopo di sdrammatizzare un'atmosfera arroventata da un alto tasso di erotismo, mi pare che la sigli sintetizzi bene lo spirito del programma: la scoperta di quanto è sexy la brava ragazza della porta accanto. Sì, perché erano tutte ragazze in età da liceo, mediamente tra i 16 e i 18 anni; dopo la scuola passavano in studio a rappresentare una versione stereotipata di se stesse, tutta movenze leggiadre, sorrisi accattivanti, sguardi da pasionaria. Erano istruite per non sconfinare mai nel modello della ragazza maledetta alla Melissa P. : il loro comportamento doveva essere allusivo ma mai esplicito, invitante ma non sguaiatamente disponibile, attraente ma non conturbante. Appunto, lo charme della ragazza comune, che, simulando innocenza ed ingenuità, distrattamente scopra qualche centimetro di pelle bianca in più, gettando la fantasia maschile nel delirio in preda al quale trasfigura quella banale realtà in spazi vergini tutti da esplorare e da cui trarre incommensurabili sorgenti di piacere.
Gli studenti della loro stessa età, tornati a casa da scuola ad una vita ben più monotona, si piantavano davanti allo schermo televisivo e per un'ora e mezzo non sentivano ragioni: l'indomani, i ragazzi guardavano in classe le proprie compagne con uno sguardo diverso; le ragazze, soprattutto quelle più sveglie, emulavano questi modelli facendone il principio regolatore del proprio comportamento. I genitori tipicamente erano al lavoro o consideravano la televisione la fonte della verità ("è vero, l'ho sentito in tv").
"Non è la Rai" è stato dunque il primo programma in cui l'adolescenza è stata erotizzata agli occhi della massa, soprattutto della nuova generazione. Abbigliamento, movenze, pettinature sono cambiate in onore delle ragazze di "Non è la Rai".
Intendiamoci: anche prima di questa trasmissione le donne erano finite in Tv per fare da ornamento o, per dir meglio, come fonte di ispirazione di pensieri impuri per le masse; ma si trattava di donne più mature, di venticinquenni, magari fortemente connotate in chiave erotica. Trucco pesante, labbra rosse e carnose, curve generose. Chi è vissuto in quegli anni ricorda ad esempio le cameriere del "Drive in" che aderivano al modello femminile della 'maggiorata'. Erano diverse dalle studentesse magre e dalle forme androgine delle scuole superiori, erano di un'altra specie, non erano ragazze, erano donne di una categoria molto particolare che raramente si vedeva girare per la strada.
"Non è la Rai" sdogana appunto l'erotismo delle ragazzine e lo consegna al tempo in cui tutti noi stiamo vivendo. Cambia l'immaginario: il sogno erotico passa sempre meno per la donna tutta curve ed espressioni esplicite, e sempre più per la ragazza normale, la studentessa timida e fresca della porta accanto.
Che c'entri qualcosa con il fatto di cronaca da cui siamo partiti? Mah...
Le cameriere del 'Drive in' non si potevano confondere con le compagne di classe. Erano donne provocanti e formose, vestite con costumi sgargianti. "Non è la rai" cambia l'immaginario erotico di una generazione, creando un modello di bellezza costruito sulla struttura fisica dell'adolescente e sulla mimica facciale della brava ragazza.
Dimenticavo: dietro 'Drive in' e 'Non è la Rai' c'è sempre la stessa società, la Fininvest (oggi Mediaset) e lo stesso editore. Mi pare si chiami... Silvio.
Documento 4: "Gender e mass media"
Incredibilmente, questo documento è stato ignorato praticamente da tutti i partecipanti al blog: è invece uno fra quelli che ritengo più importanti.
La scuola informa i ragazzi sulla fisiologia dell'apparato riproduttivo, sull'esercizio di una sessualità responsabile che eviti una precoce genitorialità, sulle malattie sessualmente trasmissibili: tutto molto bello. Ma chi plasma l'immaginario delle nuove generazioni in relazione al sesso? Sbaglierò, ma io credo che questa generazione sia istruita quasi esclusivamente dalla pornografia. Chiunque abbia avuto per le mani lo smartphone di un adolescente sa che nelle cartelle più nascoste ed inaccessibili della memoria si annidano filmati dal dubbio valore artistico.
Vi sfido ad affermare il contrario.
La pornografia non è un fatto nuovo, è sempre esistita, sin dall'antichità: abbiamo abbondanti testimonianze di questo, ad esempio piatti e vasellame di epoca greca decorati con immagini esplicite ed inequivocabili. Ieri (trent'anni fa) la pornografia circolava ampiamente: nella stampa specializzata che si poteva trovare in edicola o in cartoleria, nelle videocassette che si noleggiavano in negozi dotati di uno spazio protetto da occhi indiscreti, in squallidi cinema colpiti dalla scomunica della società, ma sempre piuttosto frequentati.
Internet ha sparigliato le carte: l'industria del porno ha compreso sin da subito i rischi e le opportunità connesse con l'avanzata della rivoluzione digitale, ed è transitata sul Web. Risultato? L'accesso al porno, oggi, è veramente - mi si passi il termine - 'democratico'. Il pc offre l'anonimato, che è il lasciapassare per aggirare il controllo e la condanna sociale: sì, perché a dispetto del fatto che i siti pornografici siano i più visitati fra quelli disponibili in tutto il pianeta, la società umana continua a stigmatizzare negativamente la fruizione di contenuti di questo genere.
Virtù pubbliche, vizi privati.
L'anonimato - o presunto tale - garantito dalla rete ha consentito all'industria del porno di moltiplicare la propria offerta, specializzandola in mille direzioni diverse per intercettare i diversi gusti del pubblico. Difficilmente tale varietà sarebbe stata possibile quando si doveva decidere quale giornale scegliere con a fianco una mamma a manina con il proprio bambino.
L'offerta ha aumentato la domanda: anche chi ieri non si sarebbe mai sognato di noleggiare un video hardcore, oggi si sente autorizzato a dare una sbirciatina a questi contenuti, essendo ragionevolmente certo che nessuno ne verrà mai a conoscenza. Il consumo di massa cambia la percezione della pornografia, la rende più accettabile socialmente. E' ovvio; pensate ad esempio ai calendari senza veli: ieri erano solo le donne di un certo tipo a farli, oggi sono per lo più considerati un gioco innocente. Cambia il sistema dei valori, la moralità si evolve.
Il documento ci dice che nei filmati che circolano in Internet, assai più che nelle riviste e nei video di ieri, la donna è rappresentata come soggetto passivo, sottoposto ad una vera e propria violenza. Ma chi guarda il porno via Internet non si sente più di tanto colpevole, né si sente responsabile per quello cui assiste: non prova disgusto, rabbia, senso di colpa, desiderio di intervenire, perché si tratta di immagini virtuali, piatte e decontestualizzate. C'è da supporre che la sua reazione sarebbe diversa se vedesse certe scene accadere nella realtà. E' insomma cinema, cioè finzione. Così dilaga il fenomeno della pedopornografia, perché nessuno sembra rendersi conto che in quelle immagini sono coinvolti bambini veri (di solito arruolati in zone del mondo povere e disagiate) e non attori professionisti.
Abbiamo visto che anche in Italia si è affermato un certo modello di bellezza femminile, adolescenziale, androgina, quello della studentessa della porta accanto: l'influenza di tale modello è forte anche sulla pornografia, che vede sempre più spesso l'emergere di pornostar giovani e giovanissime, dai lineamenti della brava ragazza.
L'immaginario erotico del nostro tempo è alimentato, gonfiato dalle immagini prodotte dalla pornografia. I sogni erotici degli italiani (degli occidentali?) sono popolati da donne diverse con cui si praticano 'attività' diverse rispetto al passato. Quello che viene visto, poi viene vissuto. Una prova? Il fenomeno delle produzioni amatoriali, per uso privato e pubblico. Le stesse donne rimangono influenzate da certi modelli che, si sentono di dover incarnare nella vita anche se comportano un sacrificio della loro dignità. La massa continua a fare ciò che sa far meglio, scimmiottare quello che succede sullo schermo, televisivo o del pc. Il transito dalla virtualità alla realtà è piuttosto rapido: dico, avete visto chi frequenta le principali strade italiane ad intenso scorrimento la sera, dopo una certa ora? Qual è l'età media di chi fornisce i propri servizi? Le quattordicenni non sono la regola, ma neanche l'eccezione (leggetevi qualche giornale).
Sul sesso virtuale ho già detto in relazione al precedente documento, perciò passo la mano.
L'ultima riflessione potrebbe essere questa: noi siamo quello che leggiamo, che vediamo, che sperimentiamo. Tornando al caso delle baby prostitute, non è che tanto le ragazzine quanto i clienti partecipino della stessa cultura, della stessa visione del mondo e del sesso?
Vi ho lanciato una sfida, quindi vi aspetto sempre qui.
Ciao!
Documento 5: Erotizzazione delle bambine
Documento 3: Sigla della trasmissione televisiva "Non è la Rai".
Oggi sembra la sigla di una trasmissione per educande di un collegio religioso, ma nel 1991, quando fece il suo debutto sulle reti Mediaset, fu una trasmissione che provocò scandalo ed incise profondamente sulla cultura di massa delle nuove generazioni, divenendo fenomeno di costume. Qual era la struttura del programma? Nessuna in particolare. Il fulcro dell'interesse era rappresentato da decine di ragazze che intonavano, componendosi in un coro, canzoni ben note al pubblico italiano, o si esibivano in balletti ammiccanti, o si tuffavano nella piscina manifestando la propria spensieratezza e gioia di vivere. La sigla mi pare che compendi molto bene il senso del format.
Nonostante l'ironia di alcuni rapidi passaggi (ad esempio, la ragazza che fa crollare un finto muro a forza di testate), che sono introdotte con lo scopo di sdrammatizzare un'atmosfera arroventata da un alto tasso di erotismo, mi pare che la sigli sintetizzi bene lo spirito del programma: la scoperta di quanto è sexy la brava ragazza della porta accanto. Sì, perché erano tutte ragazze in età da liceo, mediamente tra i 16 e i 18 anni; dopo la scuola passavano in studio a rappresentare una versione stereotipata di se stesse, tutta movenze leggiadre, sorrisi accattivanti, sguardi da pasionaria. Erano istruite per non sconfinare mai nel modello della ragazza maledetta alla Melissa P. : il loro comportamento doveva essere allusivo ma mai esplicito, invitante ma non sguaiatamente disponibile, attraente ma non conturbante. Appunto, lo charme della ragazza comune, che, simulando innocenza ed ingenuità, distrattamente scopra qualche centimetro di pelle bianca in più, gettando la fantasia maschile nel delirio in preda al quale trasfigura quella banale realtà in spazi vergini tutti da esplorare e da cui trarre incommensurabili sorgenti di piacere.
Gli studenti della loro stessa età, tornati a casa da scuola ad una vita ben più monotona, si piantavano davanti allo schermo televisivo e per un'ora e mezzo non sentivano ragioni: l'indomani, i ragazzi guardavano in classe le proprie compagne con uno sguardo diverso; le ragazze, soprattutto quelle più sveglie, emulavano questi modelli facendone il principio regolatore del proprio comportamento. I genitori tipicamente erano al lavoro o consideravano la televisione la fonte della verità ("è vero, l'ho sentito in tv").
"Non è la Rai" è stato dunque il primo programma in cui l'adolescenza è stata erotizzata agli occhi della massa, soprattutto della nuova generazione. Abbigliamento, movenze, pettinature sono cambiate in onore delle ragazze di "Non è la Rai".
Intendiamoci: anche prima di questa trasmissione le donne erano finite in Tv per fare da ornamento o, per dir meglio, come fonte di ispirazione di pensieri impuri per le masse; ma si trattava di donne più mature, di venticinquenni, magari fortemente connotate in chiave erotica. Trucco pesante, labbra rosse e carnose, curve generose. Chi è vissuto in quegli anni ricorda ad esempio le cameriere del "Drive in" che aderivano al modello femminile della 'maggiorata'. Erano diverse dalle studentesse magre e dalle forme androgine delle scuole superiori, erano di un'altra specie, non erano ragazze, erano donne di una categoria molto particolare che raramente si vedeva girare per la strada.
"Non è la Rai" sdogana appunto l'erotismo delle ragazzine e lo consegna al tempo in cui tutti noi stiamo vivendo. Cambia l'immaginario: il sogno erotico passa sempre meno per la donna tutta curve ed espressioni esplicite, e sempre più per la ragazza normale, la studentessa timida e fresca della porta accanto.
Che c'entri qualcosa con il fatto di cronaca da cui siamo partiti? Mah...
Le cameriere del 'Drive in' non si potevano confondere con le compagne di classe. Erano donne provocanti e formose, vestite con costumi sgargianti. "Non è la rai" cambia l'immaginario erotico di una generazione, creando un modello di bellezza costruito sulla struttura fisica dell'adolescente e sulla mimica facciale della brava ragazza.
Dimenticavo: dietro 'Drive in' e 'Non è la Rai' c'è sempre la stessa società, la Fininvest (oggi Mediaset) e lo stesso editore. Mi pare si chiami... Silvio.
Documento 4: "Gender e mass media"
Incredibilmente, questo documento è stato ignorato praticamente da tutti i partecipanti al blog: è invece uno fra quelli che ritengo più importanti.
La scuola informa i ragazzi sulla fisiologia dell'apparato riproduttivo, sull'esercizio di una sessualità responsabile che eviti una precoce genitorialità, sulle malattie sessualmente trasmissibili: tutto molto bello. Ma chi plasma l'immaginario delle nuove generazioni in relazione al sesso? Sbaglierò, ma io credo che questa generazione sia istruita quasi esclusivamente dalla pornografia. Chiunque abbia avuto per le mani lo smartphone di un adolescente sa che nelle cartelle più nascoste ed inaccessibili della memoria si annidano filmati dal dubbio valore artistico.
Vi sfido ad affermare il contrario.
La pornografia non è un fatto nuovo, è sempre esistita, sin dall'antichità: abbiamo abbondanti testimonianze di questo, ad esempio piatti e vasellame di epoca greca decorati con immagini esplicite ed inequivocabili. Ieri (trent'anni fa) la pornografia circolava ampiamente: nella stampa specializzata che si poteva trovare in edicola o in cartoleria, nelle videocassette che si noleggiavano in negozi dotati di uno spazio protetto da occhi indiscreti, in squallidi cinema colpiti dalla scomunica della società, ma sempre piuttosto frequentati.
Internet ha sparigliato le carte: l'industria del porno ha compreso sin da subito i rischi e le opportunità connesse con l'avanzata della rivoluzione digitale, ed è transitata sul Web. Risultato? L'accesso al porno, oggi, è veramente - mi si passi il termine - 'democratico'. Il pc offre l'anonimato, che è il lasciapassare per aggirare il controllo e la condanna sociale: sì, perché a dispetto del fatto che i siti pornografici siano i più visitati fra quelli disponibili in tutto il pianeta, la società umana continua a stigmatizzare negativamente la fruizione di contenuti di questo genere.
Virtù pubbliche, vizi privati.
L'anonimato - o presunto tale - garantito dalla rete ha consentito all'industria del porno di moltiplicare la propria offerta, specializzandola in mille direzioni diverse per intercettare i diversi gusti del pubblico. Difficilmente tale varietà sarebbe stata possibile quando si doveva decidere quale giornale scegliere con a fianco una mamma a manina con il proprio bambino.
L'offerta ha aumentato la domanda: anche chi ieri non si sarebbe mai sognato di noleggiare un video hardcore, oggi si sente autorizzato a dare una sbirciatina a questi contenuti, essendo ragionevolmente certo che nessuno ne verrà mai a conoscenza. Il consumo di massa cambia la percezione della pornografia, la rende più accettabile socialmente. E' ovvio; pensate ad esempio ai calendari senza veli: ieri erano solo le donne di un certo tipo a farli, oggi sono per lo più considerati un gioco innocente. Cambia il sistema dei valori, la moralità si evolve.
Il documento ci dice che nei filmati che circolano in Internet, assai più che nelle riviste e nei video di ieri, la donna è rappresentata come soggetto passivo, sottoposto ad una vera e propria violenza. Ma chi guarda il porno via Internet non si sente più di tanto colpevole, né si sente responsabile per quello cui assiste: non prova disgusto, rabbia, senso di colpa, desiderio di intervenire, perché si tratta di immagini virtuali, piatte e decontestualizzate. C'è da supporre che la sua reazione sarebbe diversa se vedesse certe scene accadere nella realtà. E' insomma cinema, cioè finzione. Così dilaga il fenomeno della pedopornografia, perché nessuno sembra rendersi conto che in quelle immagini sono coinvolti bambini veri (di solito arruolati in zone del mondo povere e disagiate) e non attori professionisti.
Abbiamo visto che anche in Italia si è affermato un certo modello di bellezza femminile, adolescenziale, androgina, quello della studentessa della porta accanto: l'influenza di tale modello è forte anche sulla pornografia, che vede sempre più spesso l'emergere di pornostar giovani e giovanissime, dai lineamenti della brava ragazza.
L'immaginario erotico del nostro tempo è alimentato, gonfiato dalle immagini prodotte dalla pornografia. I sogni erotici degli italiani (degli occidentali?) sono popolati da donne diverse con cui si praticano 'attività' diverse rispetto al passato. Quello che viene visto, poi viene vissuto. Una prova? Il fenomeno delle produzioni amatoriali, per uso privato e pubblico. Le stesse donne rimangono influenzate da certi modelli che, si sentono di dover incarnare nella vita anche se comportano un sacrificio della loro dignità. La massa continua a fare ciò che sa far meglio, scimmiottare quello che succede sullo schermo, televisivo o del pc. Il transito dalla virtualità alla realtà è piuttosto rapido: dico, avete visto chi frequenta le principali strade italiane ad intenso scorrimento la sera, dopo una certa ora? Qual è l'età media di chi fornisce i propri servizi? Le quattordicenni non sono la regola, ma neanche l'eccezione (leggetevi qualche giornale).
Sul sesso virtuale ho già detto in relazione al precedente documento, perciò passo la mano.
L'ultima riflessione potrebbe essere questa: noi siamo quello che leggiamo, che vediamo, che sperimentiamo. Tornando al caso delle baby prostitute, non è che tanto le ragazzine quanto i clienti partecipino della stessa cultura, della stessa visione del mondo e del sesso?
Vi ho lanciato una sfida, quindi vi aspetto sempre qui.
Ciao!
Ceramica greca a figure rosse (V sec. a.C.) |
Documento 5: Erotizzazione delle bambine
Molte osservazioni giuste sono state fatte su questo documento, che ha molto colpito la vostra sensibilità, perciò tenterò di non ripetermi. Forse si potrebbe partire da una semplice considerazione: il sistema economico nel quale ci troviamo immersi è maturo, è giunto cioè ad un livello di saturazione dei bisogni materiali e immateriali dell'individuo che mai si è registrato nella storia dell'umanità. Ogni fase della vita dell'uomo è stata segmentata per individuare comunità di consumatori alle quali destinare una specifica offerta di beni e servizi (vedi topic 'giovani e alcol'). Non deve quindi stupire che anche l'infanzia sia vista da chi si occupa di marketing e impresa - cosa che forse farete anche voi - come un mercato di sbocco prezioso ed irrinunciabile.
Il problema del nostro tempo, infatti, non è tanto produrre merci, bensì commercializzarle, cioè individuare qualcuno a cui venderle. I bisogni primari dell'umanità sono stati soddisfatti dall'industria molti decenni fa, ora la parola d'ordine è indurre nuovi bisogni e non lasciare che nessun ambito della vita sia privo di una adeguata offerta di consumi acquistabili. Un esempio della prima osservazione può essere la moda: che bisogno c'è di cambiare vestiti quasi ad ogni stagione? Nessuno. E' la cosiddetta 'obsolescenza percepita': la mia giacca è perfettamente funzionale, è ancora nuova, ma tutti intorno a me hanno cambiato stile. Ora si porta la giacca con due bottoni e non con tre, anche le proporzioni fra lunghezza e giro torace sono cambiate: la mia, che l'anno scorso mi vestiva a pennello, oggi sembra squallida e sformata. Ecco una chiave per indurre nuovi bisogni, anche laddove oggettivamente non ne esisterebbero. Non è il caso che faccia altri esempi, perché il fenomeno è fin troppo noto ed evidente.
Poi c'è il tentativo di saturare di offerta ogni potenziale bisogno umano. Prendiamo l'infanzia. Ieri si festeggiavano i compleanni dei bambini in famiglia, con una bella torta fatta dalla mamma, una bottiglietta di rosolio (uno sciroppino disgustosamente dolce della nostra tradizione), qualche amichetto dell'asilo o del quartiere, tanta allegria e qualche regalino. L'affetto si esprimeva in modo diretto e personale, non c'era una vera e propria industria dell'infanzia strutturata, capillare e sistematica. Oggi si organizzano delle mega feste da Mc Donald, si compra la torta con la faccia di Peppa Pig, le salviette dei puffi, si beve Coca cola (a base di caffeina, coloranti e conservanti), si prosegue saltando ai tappeti elastici o ai gonfiabili, si scartano decine di regali rigorosamente apparsi nelle pubblicità dei canali dedicati ai bambini. Si dimostra l'affetto in base alla quantità di denaro speso a favore del festeggiato. Devo proseguire?
I bambini non hanno alcun bisogno di tutto questo apparato americanizzante, ne hanno invece tutti coloro che vivono di questo: è l'industria del bambino. Si tratta di un'industria fiorente, perché quale genitore avrebbe il coraggio di privare il proprio figlio di qualcosa che hanno gli altri?
La pubblicità si sforza di ampliare i mercati potenziali. Per farlo è fondamentale emozionare, non far ragionare. Erotizzare i bambini è dunque un fatto necessario quando si vogliono indurre loro e i loro genitori ad acquistare sempre nuovi beni e servizi. Negli Stati Uniti è ad esempio usuale portare le bambine dalla parrucchiera per un'acconciatura speciale il giorno del loro compleanno, perché ci si è convinti che non si può negare loro l'emozione di sentirsi delle vere principesse almeno una volta l'anno. Poi non deve mancare il servizio fotografico, il trucco, il videoclip postato su youtube, ecc. Vi suona normale? Forse a voi, no ma ai vostri figli sì. C'è da scommettere infatti che questa moda arriverà anche qua.
E allora, in un mondo che gira intorno al sesso (lasciapassare per essere vincenti nella società), anche i genitori inconsciamente vogliono che la propria figlia sia la più bella di tutte. Ecco creato un mercato della moda bambina, una generazione di bambini che - condizionati dall'esterno - sono precocemente ossessionati dal loro aspetto.
Qui - direbbe Machiavelli - non è questione di essere buoni o cattivi, è questione di affari. Erotizzare significa vendere, rispettare l'infanzia come età del gioco e degli affetti che non si possono comprare, significa chiudere le fabbriche e lasciare la gente a casa. Che vogliamo fare?
Se il mercato non si fa scrupoli ad erotizzare le bambine, figuriamoci se si può fermare di fronte alle adolescenti. Si arriva così al paradosso di formulare leggi draconiane di pubblica moralità, che vengono continuamente contraddette dai messaggi pubblicitari, sempre più spesso fondati sull'erotizzazione degli individui più indifesi della società. Qui si aprirebbe un tema immenso, quello del rapporto tra mercato e democrazia, ma è forse meglio lasciarlo perdere per il momento.
Un'ultima osservazione. Dietro all'erotizzazione delle bambine emerge il solito modello di bellezza già delineato in precedenza (adolescenziale, magro, androgino, ecc.) e quindi le bambine stesse diventano oggetto di un'osservazione malsana, che fa rabbrividire. Le bambine piacciono, perché incarnano pose, atteggiamenti, look che costituiscono il modello di bellezza condiviso.
Poi c'è l'altro fenomeno, di cui ho parlato più volte in classe e ben visibile più a Treviso che altrove: quello delle quarantenni, cinquantenni, sessantenni (per non dire altro) che continuano a vestirsi, acconciarsi, calzarsi, truccarsi avendo ben presente quello stesso modello. Si arriva così ad una paradossale convergenza tra l'aspetto delle bambine di tre anni e quello delle signore per bene nella loro tarda maturità, sotto l'unica insegna dell'essere sexually attractive. Perché una bambina di tre anni e una anziana (chiamiamole con il loro nome) dovrebbero essere sexually attractive non lo so, però è un'ambizione universale evidente, indotta da un certo modo di rappresentare la donna in tutte le fasi della sua età. Quando si dice classe e buon gusto... Si può avere dignità di esistenza anche senza essere sessualmente attrattive? I bambini di ieri, le mamme e le nonne di ieri erano diverse da una ventenne, ma oggi è ancora possibile esserlo senza finire con l'essere identificati nelle dinamiche sociali come dei perdenti?
Vi ringrazio per i commenti e sono sempre pronto ad accoglierne di nuovi!
Una bimba è una principessa solo se acquista beni e servizi degni di una principessa... |
Documento 6: Duckfarm
Questo documento mostra chiaramente quale sia l'ideale di bellezza proposto/imposto dalla pubblicità. La Duck farm in questo si distingue da altri brand perché ha coerentemente e sistematicamente impiegato nella sua comunicazione commerciale modelle dai lineamenti non solo adolescenziali ma quasi infantili. Anche la scelta del marchio è coerente con questa impostazione (se ci pensate, il logo con la paperella fa molto bambina).
La modella che compare qui è l'ungherese Margarita Masliakova, affiancata in altri cortometraggi dalla bruna tedesca Maya Neubert e dalla bionda estone Enly Tammela (una bionda, una bruna, una rossa per accontentare tutti i gusti, ovviamente). Compensi da capogiro. La loro età? Nei primi spot 'Duck farm' avevano quindici anni. Per chi lo vuole, in rete si possono trovare alcune interviste.
Avviso alle nostre compagne di classe: scusateci, siete già vecchie.
La modella che compare qui è l'ungherese Margarita Masliakova, affiancata in altri cortometraggi dalla bruna tedesca Maya Neubert e dalla bionda estone Enly Tammela (una bionda, una bruna, una rossa per accontentare tutti i gusti, ovviamente). Compensi da capogiro. La loro età? Nei primi spot 'Duck farm' avevano quindici anni. Per chi lo vuole, in rete si possono trovare alcune interviste.
Avviso alle nostre compagne di classe: scusateci, siete già vecchie.
Che lo spot sia connotato in chiave allusiva ed erotica, sia pure con tocco leggero, mi pare sin troppo evidente. Di fatto narrazioni per immagini come queste non fanno che confermare/amplificare/alimentare l'ossessione del nostro tempo per le bellezze giovani e giovanissime. Un elemento in più per capire da quali rappresentazioni sia popolato l'immaginario del nostro tempo, del quale partecipiamo tutti, ivi comprese, naturalmente, le ragazzine romane da cui tutto il nostro discorso è partito, senza dimenticare i loro distinti clienti.
Visto che molte cose giuste sono già state dette, non mi soffermo oltre se non per sottolineare la taglia indossata da Margarita in questo spot, ovvero la 36: non esattamente una taglia degna di una donna, quanto piuttosto di una bambina.
Intendiamoci bene: prostituzione minorile, pedofilia e anoressia sono problemi seri, che non vanno banalizzati riconducendoli deterministicamente ad un'unica causa. Certo, però, una qualche corrispondenza fra il contesto qui delineato e i fenomeni di cui discutiamo mi pare difficile da negare.
Un'ultima considerazione: come esce da questa panoramica il modello di vita basato sullo studio e sull'impegno, sulla formazione continua e sull'aggiornamento professionale? Chi è vincente nella società in cui viviamo, la quindicenne inserita nello star system o la ricercatrice universitaria quarantenne e precaria?

Documento 7
Visto che molte cose giuste sono già state dette, non mi soffermo oltre se non per sottolineare la taglia indossata da Margarita in questo spot, ovvero la 36: non esattamente una taglia degna di una donna, quanto piuttosto di una bambina.
Intendiamoci bene: prostituzione minorile, pedofilia e anoressia sono problemi seri, che non vanno banalizzati riconducendoli deterministicamente ad un'unica causa. Certo, però, una qualche corrispondenza fra il contesto qui delineato e i fenomeni di cui discutiamo mi pare difficile da negare.
Un'ultima considerazione: come esce da questa panoramica il modello di vita basato sullo studio e sull'impegno, sulla formazione continua e sull'aggiornamento professionale? Chi è vincente nella società in cui viviamo, la quindicenne inserita nello star system o la ricercatrice universitaria quarantenne e precaria?
Enly Tammela |
Maya Neubert |
Adolescenti nelle pubblicità dei primi anni '80: il processo di erotizzazione sembra assai meno spinto. |
Documento 7
Questo documento è stato correttamente interpretato. Esemplificava bene lo strano cortocircuito per cui in molti casi sono gli stessi genitori ad erotizzare i propri bambini, facendone motivo di vanto. Manifestano così come abbiano ben introiettato i modelli assorbiti inconsapevolmente nella fruizione dei media.
Il documento si presterebbe bene anche a dibattere un tema veramente importante, cioè il confine fra pubblico e privato.
Documento 8
Saviano ci dice in questo capitolo che la cocaina è molto più diffusa di quanto ciascuno di noi non pensi. Ricordo alcuni anni fa la costernazione nazionale alla pubblicazione di alcuni studi sull'inquinamento delle acque del Po, dai quali si deduceva un consumo di cocaina nelle grandi città del nord assolutamente abnorme. La cocaina è ovunque, si perde la percezione della sua pericolosità, la si usa in tutte le circostanze, in ogni occasione, al lavoro, a casa, a scuola, per divertirsi o per rilassarsi. La nostra società prestazionale non ammette individui mediocri o semplicemente normali.
La cocaina c'entrava anche con le nostre baby prostitute, e ha in generale molto a che fare con il fenomeno del sesso a pagamento. Le donne dipendenti da sostanze stupefacenti, cronicamente bisognose di denaro, quando sono in crisi da astinenza hanno (purtroppo, dico io) almeno un ultimo, un estremo modo di mettere insieme qualche decina di euro per comprarsi l'ennesima bustina di polvere magica: prostituirsi. Se è vero che una delle due ragazzine faceva uso di cocaina, avrà certamente avuto bisogno di denaro.
Mi viene in mente un'altra considerazione: come la cocaina, anche la prostituzione è ovunque, ne fanno uso in tanti, insospettabili, molti di più di quanti sospetteremmo. Poco per volta lavora a modificare il nostro modo di percepire la realtà, di concepire la morale e di scrivere le leggi.
Con questo credo che sia finita la pausa di distensione. Si prepara la tempesta finale: tra poco vi chiamerò alle armi per un infuocato dibattito.
PREPARATEVI!